Conciliazione sindacale

Per “conciliazione sindacale” s’intende un procedimento tramite il quale le parti, assistite da un conciliatore, il quale viene designato dall’organizzazione sindacale di appartenenza del lavoratore, tentano di raggiungere una soluzione a una controversia.

Parliamo di un accordo che ha come oggetto una transazione economica che ha lo scopo di concludere una controversia tra un dipendente e un datore di lavoro. Il lavoratore rinuncia, quindi, a rivendicare un proprio diritto, o anche soltanto una parte di esso, in cambio di un risarcimento monetario, attraverso una dichiarazione unilaterale con la quale egli rinuncia esplicitamente a un diritto certo, determinato o determinabile.

Le dichiarazioni liberatorie onnicomprensive che parlano di una rinuncia a qualsiasi ulteriore rivendicazione connessa al pregresso rapporto di lavoro non hanno, invece, alcun valore legale. Ebbene, per questa ragione, le formule di rinuncia devono indicare nello specifico tutte le voci per le quali il lavoratore si ritiene soddisfatto.

Il ruolo del sindacalista è cruciale, dal momento che egli deve fornire al dipendente una concreta assistenza, informandolo su quanto andrà a stipulare, consigliandolo sulle convenienze e avvertendolo degli effetti dispositivi prodotti, oltre che dell’irreversibilità degli stessi. Anche se non vengono depositati presso la Direzione Territoriale del Lavoro di competenza o presso la cancelleria del Tribunale, gli accordi di conciliazione sono comunque validi, dal momento che il visto di autenticità della DTL e il decreto di esecutività del giudice sono degli adempimenti successivi, mentre quello che realmente conta è il verbale sottoscritto.